lacittadelluomo.it - storia e testimonianze della vicenda umana a Matera   fondazione zetema
  indice  
scheda precedente scheda 3.1   scheda 3.2 scheda successiva
 

 

3.1 Il vicinato
Nel Quello dei Sassi è stato un contesto antropologico di straordinaria complessità, un labirinto urbano ed umano in cui si è ramificato un millenario sistema di vita, che però non deve far pensare che Matera sia stata una sorta di capitale della civiltà contadina sempre solidale e comunitaria, contrapposta tout court alle realtà urbane del tempo caratterizzate da quartieri disumani ed isolati.

La molecola dell'insediamento umano nei Sassi era il cosiddetto vicinato micro-aggregazione superfamiliare e ganglo costitutivo della forma urbana.

Il vicinato era un sistema autonomo per niente chiuso ed autocentrato, aveva un suo equilibrio interno, spesso precario e sistemi di valori e di comportamenti più o meno consapevolmente accettati da tutti i suoi componenti.

 
 
Scene di vita

Scene di vita quotidiana nel vicinato: tutto accade sotto gli occhi di tutti

 
 
Il vicinato

Il vicinato

Lo schema insediativo del vicinato generalmente comprendeva una decina di abitazioni - seminterrate o sopraelevate sul livello stradale - affacciate su angusti e soffocanti cortili. Le abitazioni, spesso grotte con un unico vano e senza finestre, contenevano 8-10 persone. La vita del vicinato era una cruda realtà di miseria, di abbrutimento, al cui interno non esistevano solo valori comunitari, che pure esistevano, come la solidarietà ed il controllo sociale sui membri del gruppo.

La coabitazione esterna, poi, quella del vicinato, produceva l'esigenza di far sapere dove si andava, cosa si faceva o, eventualmente, di mentire, di fingere: il vicinato era un "teatro" ed i vicini un pubblico, spesso intransigente.

 

Nei movimenti, nella gestualità, soprattutto delle donne che erano abituate a comunicare in pubblico, c'era una sorta di teatralità, di mimica quasi innaturale. Il vicinato era comunque un regno al femminile: la vita era scandita dall'esclusiva presenza delle donne, costrette a rimanere in casa quando non erano obbligate al lavoro dei campi.

Nella dinamica delle relazioni all'interno del vicinato vigeva una sorta di matriarcato e l'uomo era in genere solidale con la sua donna, che gestiva liti, amicizie, fidanzamenti e matrimoni.

La donna non usciva mai da sola dal vicinato, se non per i pellegrinaggi religiosi: a maggio al convento di Picciano, il lunedì dell'Angelo alla chiesa di S. Liborio ai Cappuccini o alla chiesa di Cristo alla Gravinella a marzo.

 
 
Una foto risalente agli anni '30

Una foto risalente agli anni '30

 
 
Gruppo di donne del vicinato

Gruppo di donne in età da marito: le vacantje. Era disdicevole comparire in pubblico da sole

Le ragazze da marito, le vacantje per salvaguardare la propria onorabilità non comparivano mai in pubblico da sole, le madri erano infatti molto rigide nell'educare le figlie al rispetto delle norme sociali della comunità e le difendevano strenuamente dalla malignità e dall'invidia delle vicine. Le donne giocavano d'astuzia per poter incontrare l'amato o soltanto vederlo da lontano: il vicinato era pieno di spie e di delatori, pieno di gelosie ed invidie.

La madre di una ragazza nubile, invidiosa del fidanzamento di una vicina, poteva "denunciare" gli incontri segreti dei fidanzati o diffondere malignità sulla zita: sua figlia avrebbe così potuto prendere il posto della zita, smettendo d'essere vacantja. Le ragazze comunque si davano da fare anche da sole per trovare marito: negli incontri con il vicinato spesso si organizzavano giochi, che erano un efficace sistema d'approccio. Per esempio le ragazze sedevano con le mani sulle gambe ed i ragazzi appoggiavano la testa sulle loro mani: poi esse le immergevano in una caldaia, sporcandole di cenere. Se rimanevano ferme, significava che il ragazzo destava il loro interesse. Se gli macchiavano, invece, il volto di fuliggine, egli non aveva speranza.

  indice  
scheda precedente scheda 3.1   scheda 3.2 scheda successiva
 
  fondazione zetema