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5.2 La voce dei muratori
Eredi e comunicatori della cultura millenaria dei Sassi sono stati i muratori che attraverso la tradizione orale hanno fatto arrivare sino a noi il patrimonio di conoscenze pratiche riguardanti le tecniche di intervento sui Sassi stessi. Nel settembre 1992 il Prof. Giuffrè intervistò Nunzio Cotrufo, vecchio muratore, operativo nei Sassi dagli anni '40 fino al '60. Il vecchio muratore rivelò a Giuffrè che per sostenere pesi notevoli una muratura doveva essere aiutata "...una muratura che deve sopportare una volta deve essere piena o di terriccio: deve creare peso..."

La tecnica materana nell'erezione dei muri, infatti, è quella della disposizione "rada" dei blocchi di tufo, per dare maggiore spessore, riempiendo però i vuoti con terriccio per equilibrare la spinta delle volte. Anche per la volta, per lo più di pietra, la tecnica è caratterizzata dall'essenzialità: il contatto tra le pietre garantisce la stabilità e tale contatto si realizza con i "cugni", cunei di mattoni con poca malta.

 
 
Muro

Struttura di un muro

 
 
 
Schema 8

Schema 8

 

La tecnica costruttiva del maestro muratore materano non prevede calcoli ma egli sa che " ...il muro di piedritto può essere di 80 cm... comunque vale la legge del quarto: le pareti sono spesse un quarto dell'apertura dell'arco della volta..." E i massi di tufo che provenivano dalle cave - estratti con il piccone - venivano lavorati con il martello e "...allisciati con il raschietto...".

Le tegole sui tetti erano poggiate sulla "tufina", gli avanzi, cioè, della lavorazione, oppure direttamente sulla superficie esterna della volta. Per questo ogni 2 o 3 anni dovevano essere cambiate ed i tetti rifatti: per provare la solidità delle tegole "...si suonavano... Se suona come la "catara di Napoli" o si metteva sopra per risparmiare o si buttava; se invece suonava come le campanelle si tenevano..."

 
 

Le tegole, appena un po' ricurve perché dovevano seguire dolcemente la curvatura della volta, lasciavano traspirare la pietra, come se la lasciassero vivere... Sui muri delle case "...si pitturava con la calce normale, si davano parecchie mani sia dentro che fuori, mischiata con la tufina... Si faceva tutto bianco per respingere il calore... Il tufo assorbe anche il vapore... se si mette il cemento il muro non l'assorbe più e la muratura piange..." La calce stesa con il pennello non nasconde le pietre ma ne colora e protegge la superficie.

Ogni anno la passata di calce veniva rifatta. Il documento del Prof. Giuffrè mise in evidenza che la cultura edilizia dei Sassi non solo era meccanicamente ineccepibile ma che nel tempo non aveva subito evoluzioni sconvolgenti.

Certo, essa era venuta a patti con le innovazioni come ad esempio il cemento armato riconoscendone i vantaggi, ma sostanzialmente la tecnica costruttiva, che aveva le sue radici nel sasso della gravina, era rimasta fedele a se stessa.

 
 
Schema 9

Schema 9

 
 
 
Schema 10

Schema 10

 

Ciononostante la città antica era stata sempre e costantemente rinnovata dai suoi abitanti, che periodicamente ne demolivano e ricostruivano alcune parti. Ne dà conferma la voce del muratore che Giuffrè ha registrato nel suo studio sui Sassi: "...ai miei tempi non si facevano molte riparazioni. Si faceva molto prima a buttare giù e ricostruire... Le riparazioni le fate ora..."

Le riparazioni, commenta Giuffrè, vengono fatte da chi non è padrone della città, da chi sa che essa non gli appartiene. Il muratore di Giuffrè, come gli antichi costruttori ed abitanti delle grotte, dei lamioni e poi delle casa palaziate, possedeva, invece, la città e non si faceva scrupolo di demolire e costruire di nuovo.

E ciò che nasceva era insieme nuovo ed antico, perché il lavoro e la materia che i muratori-abitanti usavano erano antichi come il Sasso stesso.

Giuffrè concludeva il proprio studio affermando che le nuove generazioni non erano, e non potevano essere, padrone dei Sassi come le antiche ma che esse potevano possedere ancora questo splendido patrimonio dell'umanità custodendo, riparando, rafforzando e abitando di nuovo le deboli-forti case, nate dalla roccia della gravina, radici di una società millenaria e della sua forma mentis, dalle quali la cultura storica dell'Uomo di Matera può continuare il suo cammino.

 
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